“Hotel della notte” in Argentina e Messico

di Paolo Lagazzi

Un senso quasi continuo di perdita attraversa la lirica di Alessandro Moscè, ma l’originalità del poeta, la sua forza stilistica e mentale sta nell’esprimerlo in modi insieme asciutti e svagati, lasciando emergere dal fondo della vita immagini colte di sbieco, “come da una svista”. In Hotel della notte le occasioni, gli incontri, i sentimenti scivolano a onde discontinue da “un pomeriggio sghembo / quando i conti non tornano” a piccole “cicatrici sui pensieri”, da “giri a vuoto” di “coppie con il mal di testa” allo stillicidio “dei rumori / che si spengono come i televisori”. Solo di tanto in tanto la “vanità” che corrode il mondo si coagula in visioni dure, quasi espressioniste (“la strada angosciata / dai fanali bassi sull’asfalto”). La vera cifra di questa poesia è, più che il tragico, la melanconia, una tonalità come di blues che può persino darsi nell’illusione della felicità. A questo richiamo dello smarrimento si oppongono, però, alcune forze cruciali: la grazia fragile e immensa delle donne; il sentimento creaturale, la pietà per i perdenti e gli inermi; la memoria, che sa custodire “i nomi e i muri” del passato ritardando “il grande congedo”. Sebbene evocato in versi piuttosto elusivi, il ruolo delle donne è primario nei testi di Moscè: il desiderio che esse suscitano è un tramite impareggiabile di conoscenza, una rivelazione necessaria, uno spiraglio di libertà nella “ferita aperta” dei giorni. Ma anche la tenerezza per i reietti come il povero, folle Pierino (“anima d’incenso”, santo del candore o del nulla, capace di parlare coi morti prima di essere a sua volta inghiottito dall’ombra) e per la propria infanzia (i nonni, i natali d’un tempo, i banchi di scuola, le figurine dei calciatori) intride il libro di brividi sottopelle, lo increspa, lo flette verso quella “placenta del tempo / che non si arrende alla vita e alla morte”. Laggiù nella notte, da qualche parte, una luce resiste… È forse la “figlia illegittima” dello stupore che alberga, malgrado tutto, nei nostri cuori assediati dal dubbio? Moscè non cerca risposte semplici, ma, mentre allude alle polveri sottili che rischiano di soffocare il nostro respiro, ci ricorda il valore della gentilezza, della leggerezza, della gratuità, “la bolla di sapone” di ogni gesto, di ogni pensiero in grado di far levitare il reale verso i cieli del possibile, dell’altrove.

La copertina di “Hotel della notte”, appena tradotto da Antonio Nazzaro in Argentina e in Messico (Colección Pippa Passes, Buenos Aires Poetry, 2018).


Alcuni testi dal libro


Non c’è altro

C’è chi mi guarda
chiedendomi di non andare
senza dirlo,
chi tace nella notte e nel sonno,
il saluto rimandato
da un’altra birra
che svanisce nel fremito
di scarpe adolescenti.
Neanche un amore da ripetere,
né una fuga cittadina,
un sogno lambito
nei detriti dell’estate
dopo l’ultima pioggia
che bagna gli occhiali.
Non c’è altro che la sedia del bar
su cui rimanere immobili

*

Luce nella notte

 Cos’altro della città si è perso
nella notte superstite,
alienata terra
di ombre nei lampioni accecati
da un niente nel niente?
Non c’è più il cielo, non c’è più
in un’infinita distanza riflessa
dalla luce arancio
nell’anfratto del borgo.
Un senso di addio indocile
si ritrova nella foschia del giardino
e nella luna che manca,
nei faretti tondi di due motorini
che si rincorrono a zig zag.

*

La nuova gioventù

Nel chiacchiericcio del quartiere
si mostra un’eternità di giovani
sulle labbra violacee
e sugli occhiali da sole
delle ragazze più belle.
Una città la vedi dimenarsi
nei bar e nelle pizzerie,
negli oggetti informi
e nel grande gelo della notte.
L’incapacità di andarsene
è impressa nella pioggia di dicembre
che picchia sui coperchi dei cassonetti,
quando non c’è passante
che si azzardi ad attraversare
la strada angosciata
dai fanali bassi sull’asfalto
di un camion che trasporta
la frutta e la noia

*

L’amico di una città
se ne è andato in un amen.
La casa di riposo urla
nei grandi letti,
ma il silenzio di un dopo
non lo ricorda nessuno,
è uno screzio ingannevole.
Una sedia di legno impagliata
reggeva il tempo di Pierino,
la sua attenzione sotto le ciglia.
La testa in alto e la polvere
sbirciano un senso invaso,
un crocifisso in legno
che potrebbe parlare.
Pierino lo toccava
prima di andare a letto

*

Il letto di Pierino è vuoto,
ma la sua orma rimane,
come quella di un santo.
Un ritmo e una voce
entrano dalla finestra spalancata
e nel vestibolo della casa di riposo.
La sua foto nel rettangolo
è appesa alla parete
e a ridosso dell’ombra
taglia una felicità di poveri,
il sorriso di chi si accontenta.
I suoi piedi attraversano il corridoio
senza più ciabatte.
L’acqua nel bicchiere è rimasta
per ricordarlo a quella stanza

________________

Alessandro Moscè è nato ad Ancona nel 1969 e vive a Fabriano. Ha pubblicato l’antologia di poeti italiani contemporanei Lirici e visionari (Il lavoro editoriale 2003); i libri di saggi critici Luoghi del Novecento (Marsilio 2004), Tra due secoli (Neftasia 2007) e Galleria del millennio(Raffaelli 2016); l’antologia di poeti italiani del secondo Novecento, tradotta negli Stati Uniti, The new italian poetry (Gradiva 2006). Ha dato alle stampe le raccolte poetiche L’odore dei vicoli (I Quaderni del Battello Ebbro 2004), Stanze all’aperto (Moretti & Vitali 2008), Hotel della notte (Aragno 2013), appena tradotto in Messico e Argentina da Antonio Nazzaro (Colección Pippa Passes, Buenos Aires Poetry, 2018) e la plaquette in e-book Finché l’alba non rischiara le ringhiere (Laboratori Poesia 2017). E’ presente in varie antologie e riviste italiane e straniere. Le sue poesie sono tradotte anche in Romania, Spagna e Venezuela. Ha pubblicato il saggio narrato Il viaggiatore residente (Cattedrale 2009) e i romanzi Il talento della malattia (Avagliano 2012) e L’età bianca (Avagliano 2016). Si occupa di critica letteraria su vari giornali, tra cui  “Il Foglio”. Ha ideato il periodico di arte e letteratura “Prospettiva” e dirige il Premio Nazionale di Narrativa e Poesia “Città di Fabriano”. Il suo sito personale è www.alessandromosce.com.

Back to Top