ESTATE 2018 – Remo Pagnanelli

da Preparativi per la villeggiatura (Amadeus, Montebelluna, 1988)

Inno

quello che le buche non restituiscono
(ma inghiottono in silenzio e tritano)
lo rende a volte il rovescio d’un oceano danese,
dove le frotte assenti dei delfini spruzzano perle,
oppure lo svela la scaglia fucsia e mirtillo
delle fonde occhiaie di cenere, lo screzio della cornea stremata

 

 

le strane fanciulle, le fuggitive attente,
si sono allontanate in fretta dai campi
pomeridiani e vuoti.
Ingrassate e allungate, riposano in qualche
costa orientale che lambisce un diluvio di fiori
e terme dove sciamano rose come bocche diffuse,
nuvole migratorie, alte e pacifiche.

la fuggitiva sotto una pergola di lane assopita
non vede il ragazzo dai capelli rossi…,
è lui a sonargli la corda del sonno,
battendo dolcemente le ali sul corpetto.
(Oh, l’Egitto è lontano, una visione
di piane e montagne).

sorelle relegate dalla sciagura in pioppi
squamati…, un temporale devasta gli argini
di sesamo dalle lingue dorate e celesti.
Poi, fole riunitesi al largo dell’estate,
serrano le inanimate con piene di polvere.

 

 

la lettera che mai giunse
farebbe così: – mi congedo e scorporo,
alito impalpabile fin da ora.
Chi mi dimora più, e traversa e transita?
Una volta ogni stanza era passata parte a parte,
visitata dai suoni dell’amore.
Ora, pure il singhiozzo vi è bandito,
eccetera, eccetera………………………. –

(per Franco Loi)

 

 

mi godo questa Luce ultima
della fine senza fine.
Profonda
quanto più nel ritrarsi
pare scalfire.
Che non possiede,
che spossessa le cose e te,
riducendo all’osso e al bianco.

Quant’altra sotto ne dorme
che la pioggia non offusca.

 

 

Amore, non scansarmi almeno nel finale,
parlotta, chiacchiera, vedi ch’è in vista il mare,
(ma se il finale è tutta una menzogna!).
Soffia, con soffi che sai, dai giardini frondosi,
l’elecanza sconcia dell’elegia, la sua melanconia,
almeno nomina il mio nome, prima che arricchisca
le spoglie già notevoli del tuo magazzino

 

Remo Pagnanelli
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