ESTATE 2018 – Gabriel Del Sarto

tre inediti

 

Contro il secolo

I dettagli sono quel treno, quel messaggio
breve sul cellulare, i fogli coi disegni
di Caterina alle pareti di un ufficio.

La città non è un supermercato ho letto
dal finestrino mentre ti pensavo,
su un muro della stazione di Viareggio.

Sono stato capace di ascoltare
lo schianto? L’istante di un profondo
rossore, un corridoio di vento:
costruire altri edifici contro
la fine del secolo, il bianco
del novecento, per un respiro
che rompe le sfere perfette,
le cromature dei giorni. Il dubbio
sempre più vicino, adesso, e gli occhi
accesi, nel buio questi licheni
indistruttibili.

 

Agosto

Venerdì pomeriggio faceva caldo e mentre finivo
di lucidare la cromature della mia nuova auto moriva
una ragazza di diciassette anni, fulminata
da una malattia rara. Qualcosa che riguarda una sintesi
divenuta impossibile. Era stata una mia allieva.
Intelligente, promettente. L’ho saputo quando il lavoro
era quasi terminato, così ho finito dieci minuti dopo.

L’auto è bianca e lucente, adesso, e lei è morta, ho pensato.

Il matrimonio del mio vecchio amico
si sarebbe svolto lo stesso giorno del funerale, a quattrocento
chilometri di distanza. Un dolore
dislocato in una gioia. O nessuno
dei due e io non potevo mancare.

Scriveva bene e molto. So per certo
che le lezioni con me le erano piaciute. Era
figlia unica. Non è un consuntivo, solo
un episodio che ha a che fare col nostro lavoro: tenere
a bada la fame, sostituire
le parti di un mondo.

 

Pura vida

«Era solo una bambina che chiedeva
di nascere e vivere. Non puoi dire altro». È così.
Devi stare al tuo posto, mi dice quella voce, non
abituarti a consolare gli altri. Non sei tu
il portatore della pace. È vero. Per questo osservo
il lungo funerale, l’amore che splende
nelle parole della madre che piange e vuole essere,
semplicemente. Per questo osservo la piccola
bara, il buio di una chiesa umida
a luglio, che ci opprime, i sudori dei corpi
racchiusi. Siamo gente. Occhi, talvolta forse
una mano bianca, come piena di buchi. Creati,
o venuti al mondo, per questo buio. Dobbiamo bruciare,
penso, non c’è verità, non abbastanza
per chiedere di essere salvati. Senza verità
non c’è nulla che valga la pena di durare. Per tutto
questo lascio scorrere lo sguardo ai bordi, ai lati sfocati
proprio lì dove la scena sconfina con la vita,
la pagina con il corpo, dove il vuoto che vedo
non è inchiostro né pellicola,

e prova tu a stare in ascolto con me,
con quel po’ d’anima che ci rimane, di tutti
quando si abbracciano, di lei quando mi abbraccia
e mi dice che è stato possibile
con il canto della terra dentro
con un pezzo del regno da sistemare

e tutto il resto di una luce intera.

 

Gabriel Del Sarto
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