Appunti per una fenomenologia dell’abbandono. Note sui “Biglietti agli amici“ di Tondelli.

di Pietro Polverini

Biglietti agli amici di Tondelli non è un libro come altri. Partendo proprio dalla sua vicenda editoriale : nato come un libro segreto, non destinato alla pubblicazione, doveva essere consegnato personalmente ai diretti interessati,  nel natale dell’anno 1986. Tuttavia venne pubblicato per Baskerville con una tiratura di cinquecento copie. Composto con l’approssimarsi dei trent’anni – con ovvio riferimento alla sua cara Ingeborg Bachmann  e all’opera Trentesimo anno, il libro è costellato da tavole angeliche e astrologiche, ricavate come si sa da Barrett, il cui significato sibillino sfugge al lettore.  Nel 1984, scrivendo la prefazione di una raccolta di poesie di Antonio Gandolfi, La notte alta affermò : non potrebbero queste poesie anche chiamarsi “Appunti di una fenomenologia dell’abbandono? Non potrebbero cioè costituire, nella loro secchezza e lapidarietà, ardenti reperti cerebrali della nostra comune situazione di abbandono?”. Queste parole valgono a maggior ragione per i biglietti scritti da Tondelli.

Scritto congestionato, lievitato negli anni come appunti sparsi da consegnare a chissà quali destinatari, Biglietti agli amici è un farmaco pronto alla somministrazione per il paziente giusto, livellato nel dosaggio, posto nell’ora più audace e confacente. Tendenzialmente non usiamo più i biglietti per comunicare, per lasciare nel mezzo di qualche tafferuglio emotivo due o tre parole ficcanti, giuste. Stropicciati, con i bordi frastagliati, sarebbero potuti affondare nel pozzo di tutte le giacche possibili. A pensarci quanti biglietti possiamo affastellare ricucendo tutte le righe perse e dimesse su qualche libro, note del cellulare, dove volete? Ad esempio, quando porto a tavola, nei fogli delle comande appunto sempre qualche biglietto che poi non troverà mai destinatario. Eppure si diceva fenomenologia dell’abbandono . Sembra di assistere ad una costruzione minuziosa di relitti notturni propri dell’archeologia interiore di Tondelli.

Ma il patto occulto e nascosto che viene stipulato tra i due contraenti nel biglietto, avviene nella dimensione della dissolvenza. Infatti potremmo sottolineare il senso giocoso del termine fenomenologia, nella misura in cui sono proprio i biglietti i fenomeni dell’abbandono, ultimi rimasugli di un legame difficile da rappresentare o raccontare. Uno dopo l’altro, l’autore e il destinatario sbiadiscono. Nel momento in cui si consegna il biglietto, sembra tornare giorno. Perciò queste piccole prose sono i custodi solerti di legami mai verbalizzati pienamente, sagome informali di un filo che tiene alla lenza chi lo deve ricevere anche se ora residente in capo al mondo. Così si legge:

Biglietto numero 19 – Settima ora del giorno

Sulla fine del viaggio taceva. Non avrebbe voluto finirlo, alla fine avrebbe voluto scomparire, senza lasciare traccia, diventando introvabile”. Sulle orme di questi passi, vengono in mente i versi di Anne Sexton : “As for me, I am a watercolor. I wash off” :  Per quanto riguarda me, sono un acquerello –  io dissolvo. 

Biglietto numero 8 – Ottava ora della notte

Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest’abbraccio e non chiedere altro perché la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l’ultima, ma tu dici, stasera, adesso, non è già l’ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perché se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l’amore è niente di più, sei tu che confondi l’amore con la vita.

Con l’abbandono a cui i biglietti ci consegnano autore e destinatario si dissolvono come un acquerello – come Anne Sexton – restaurando il naturale corso delle cose, tagliando il cordone ombelicale con quel tempo inedito e sospeso dischiuso dal bigliettino. Potremmo dire che la Stimmung che custodisce i Biglietti agli amici si riverbera più avanti nell’ultimo romanzo pubblicato da Pier Vittorio Tondelli dove, ancora una volta, l’abbandono è sottoposto ad una nuova rivisitazione :

Per questo chiamava il loro amore camere separate. Lui viveva il contatto con Thomas come sapendo, intimamente, che prima o poi, si sarebbero lasciati. La separazione era una forza costitutiva della loro relazione e ne faceva parte analogamente all’idea di attrazione, di crescita, di desiderio sessuale. Era una consapevolezza che se non impediva l’abbandono, lo rendeva più umano. ( Tondelli, Camere separate, p. 98).

Abbandonare equivale in fin dei conti quasi all’esposizione di una tessera hospitalis romana : il nome dell’ospite e dell’ospitato, seppur incisi nella stessa tavoletta di bronzo, necessariamente conosceranno la separazione per il riconoscimento a cui successivamente saranno destinati. In queste battute finali, ricordo – quasi telegraficamente – un ultimo e non troppo lontano biglietto – quello di uno scrittore maceratese, Remo Pagnanelli.

Biglietto da Viaggio

spesso in una voliera sognami.
Sarà grande garantirà per me
questo splendore, parti pure e
non interrogarti (questione di
attimi e scorderai).
mi addormento nel pensiero, non di te,
ma nel pensiero stesso, forse di lui
ma non necessariamente

Back to Top