Cinque poesie di Konstantinos Moussas tradotte da Olga Retziou

di Jacopo Curi

Nel presentare queste cinque poesie del greco Konstantinos Moussas subentra un filo di emozione, e persino di soddisfazione per il lavoro collettivo svolto. Da alcuni mesi, infatti, ho avviato con Konstantinos uno scambio umano e culturale basato non solo sulla condivisione reciproca di testi, ma anche sull’idea di un progressivo ri-conoscersi nell’altro. A ciò si aggiunga la traduzione affidata alla professionalità di Olga Retziou (che ringrazio a nome di tutta la redazione), già interlocutrice del nostro Michele Bordoni, la quale è riuscita, anche grazie a un confronto diretto con dell’autore, a penetrare in profondità tra le fibre delle parole restituendoci preziose versioni in italiano. A tal proposito si rimanda, nel corso della lettura, alla nota di accompagnamento con cui Retziou argomenta le scelte, offrendo al lettore la possibilità di sovrapporre due mondi linguistici e di comprendere appieno lo stile del poeta.

Quella di Moussas si connota in prevalenza come una poesia di pensiero in cui l’elemento centrale e ricorrente, tipico della sua Grecia e delle luminose civiltà mediterranee, risulta essere il mare. E proprio il movimento di risacca sembra riprodursi nei testi di Moussas, in un gioco di contrazioni e rilasciamenti riconducibili da un lato alla densità espressiva del lessico, dall’altro alla versificazione allungata. Così durante la lettura accade che il respiro si tronchi e si rapprenda in passaggi ermetici, incontrando felici neologismi; per poi riprendere a fluire quasi fino a confondersi in un altrove metafisico. È poi il tempo a giocare un altro ruolo fondamentale nella poesia di Moussas: si tratta di un tempo ciclico, caratterizzato dalla sovrapposizione di piani, soprattutto passati, che finiscono per ritrovarsi in un presente incredulo e contemplativo. Gli altri riferimenti spaziali, minimi dettagli in confronto all’imperscrutabile maestosità del mare, sono tuttavia ugualmente enigmatici, e offrono un appiglio solido e concreto nella ricerca di uno spiraglio che al contrario sfocia nella dimensione del vuoto, della morte, del silenzio.
Moussas ha studiato a Napoli, e nei cinque testi proposti i riferimenti all’Italia testimoniano il suo legame con questa terra.

 

Η  ΣΤΑΘΜΗ

Κι όπως ποντίζεις τον αντίχειρα
ανάμεσα στις άδειες σελίδες
διασωστικό της συνέχειας αυτοσχέδιο
τρικυμίζεται λευκό το οπισθόφυλλο μικρής απεραντοσύνης.
Ξέρεις, εκείνης που τύπωνες κάποτε τα βάθη σου.

Άκου τώρα απαίτηση που έχει το παρόν!
Να διαιωνίζεται ανενόχλητο
στην κάθε θαλασσότητα του λάθους.

Μην αποφεύγεις λοιπόν τις κυλιόμενες βεβαιότητες.
Έχουν τόσες στροφές στο απροσδόκητο.

 

Stathme[1]

E mentre sprofondi il pollice
tra le pagine vuote
quale improvvisata barca di soccorso in continuità
bianca si sta tempestando la quarta di copertina di una piccola immensità.
Sai, quella su cui una volta imprimevi le tue profondità.

Ma senti un po’ cosa pretende il presente!
Eternarsi indisturbato
in ogni maritudine dell’abbaglio.

Non sottrarti allora alle sicurezze cicloidi.
Riservano così tante svolte verso l’inaspettato.

[1] La parola greca “στάθμη” designa il livello raggiunto dalla superficie di un liquido.

 

Η ΜΕΓΑΛΗ ΣΙΩΠΗ

Καταδικαστική απόφαση για τις δικές μου λέξεις:
Δις εις θάνατον, διαγραφή.
Σκουπίδια, χώματα κι υποσχέσεις
στην κατακόμβη των Φλεγραίων πεδίων.

Δεν έμαθες ακόμη, πως η πίστη τιμωρείται
αυστηρότερα κι από την επανάσταση;
Ότι δεν αναγνωρίζεται κανένα ελαφρυντικό
ούτε καν αυτό του προτέρου ανέντιμου βίου
στον ηττημένο σωτήρα που θυσίασε
τόσες ψυχές, μόνο για να σώσει τη δική σου;

Να, τα χέρια μου παγωμένα
από την αγωνία της αμφιβολίας
κι ένα στόμα πανσέληνο αναβοσβήνει διαφημιστικό,
κατακόκκινο στην έρημο της Αιόλου
ψιθυρίζοντας:
όλα τώρα θα ειπωθούν στον καιρό της μεγάλης σιωπής.

 

Il Grande silenzio

Sentenza di condanna per le mie parole:
Bis ad mortem, espunzione.
Spazzatura, terra e promesse
alla catacomba dei campi Flegrei.

Non hai ancora appreso che la credenza è punita
in maniera perfino più feroce della rivoluzione?
Che non viene riconosciuta nessun’attenuante
nemmeno quella della precedente vita disonesta
al redentore sconfitto che ha sacrificato
così tante anime, soltanto per salvare la tua?

Ecco, le mie mani ghiacciate
dall’agonia del dubbio
e una bocca di luna piena lampeggia a mo’ di reclame,
di un rosso profondo nel deserto di via Eolo
sussurrando:
sarà detto tutto ora, nel tempo del grande silenzio.

 

ΓΕΩΛΟΓΙΚΗ ΣΙΩΠΗ

Σ’ αυτή την κρύπτη ηχεί μόνον η καρδιά
μιας σκιάς που ξαπλώνει στο χώμα φωτεινή,
βαθιά στο καταποντισμένο σπήλαιο κάτω από άστρα,
πέτρες και βροχές και τη μεγάλη θάλασσα
της υπόγειας ακτής, που είναι πάντα ήρεμη και σιωπηλή.

Σ’ αυτό το πηγάδι των ευχών και των πτωμάτων
ο ήχος δυνατός μιας αναπνοής, γλιστρά στα κύματα,
στην κατακόμβη των άδικων μαρτυρίων
του προδομένου Θεού της ιδέας.
Σ’ αυτό το άδειο δωμάτιο, γεωλογική σιωπή.

                                                                                                   Venezia Palazzo Don G.

 

Silenzio geologico

In questa cripta echeggia soltanto il cuore
di un’ombra luminosa che si stende a terra,
nel profondo di una grotta sommersa sotto stelle,
pietre e piogge e il mare largo
della riva sotterranea, che resta sempre quieto e silenzioso.

In questo pozzo di desideri e di cadaveri
forte il rumore di un respiro, scivola nelle onde,
nella catacomba degli ingiusti tormenti
del tradito Dio dell’idea.
In questa stanza vuota, silenzio geologico.

                                                                                                   Venezia Palazzo Don G.

 

ΕΝ ΚΑΙΡΩ ΠΟΛΕΜΟΥ

                                                                                                Στον  Joseph Brodsky

Μπροστά στις σκοτεινές διαθέσεις  του εκτελεστικού σου
αποσπάσματος, δευτερόλεπτα μετά την ανακοίνωση
της καταδικαστικής απόφασης και πριν τον πυροβολισμό
στο πρόσταγμα της μοίρας, μάζεψα το κεφάλι ανάμεσα στους ώμους
και μισόκλεισα τα μάτια, από ένστικτο όπως ένα παιδί
που διαισθάνεται τον επερχόμενο πόνο.

Μισόκλεισα τα μάτια και περίμενα
τον εκκωφαντικό ήχο της ένοχης απουσίας
σαν να έπρεπε απλώς να πονέσω.
Κι ας μην ήταν πόνος αυτό που ερχόταν
καταπάνω μου, αλλά θάνατος.

 

In tempo di guerra 

                                                                                               A Joseph Brodsky

Di fronte alle oscure intenzioni del tuo plotone
di esecuzione, pochi secondi dopo l’annuncio
della sentenza di condanna e prima dello sparo
di fronte all’ordine del destino, ho raccolto la testa tra le spalle
e ho strizzato gli occhi, istintivamente come un bambino
che intuisce il dolore imminente.

Ho strizzato gli occhi e ho aspettato
il rumore fragoroso della colpevole assenza
come se mi spettasse semplicemente patire.
Anche se non era il dolore a venirmi
addosso, ma la morte.

 

ΔΩΜΑΤΙΟ 111

Ατονούν οι καθρέπτες στα δωμάτια των ξενοδοχείων
απ’ τους αλλεπάλληλους αντικατοπτρισμούς
των περαστικών ειδώλων και των φευγαλέων χρήσεων.

Στο κέντρο θαμπώνουν, σαν να συγκεντρώνονται
εκεί όλες οι ρυτίδες των αγνώστων ενοίκων
και στις άκρες αναδύονται κιρσώδεις ρωγμές και
σκοτεινές κηλίδες, γερασμένο δέρμα
του ετοιμοθάνατου ήλιου.

Απορροφούν  μορφές και καθημερινά μόρια
ώσπου βαθμιαία ν’ αντικατασταθεί η ταυτότητα
από την ανωνυμία, ως την ολοκληρωτική αφομοίωση
και το πυκνό χάος του κενού.

Κι ύστερα πως θα εμφανιστεί έτσι, αλλοιωμένη,
απ’ την εκδικητική διάθλασή σου η μνήμη
στη συνηθισμένη μας, “τυχαία”, συνάντηση;

                                                                                                     Campiflegrei – Napoli

 

Stanza 111

Si sbiadiscono gli specchi nelle stanze degli alberghi
per i successivi riflessi
degli idoli di passaggio e degli usi fugaci.

Al centro si offuscano, come se vi si raggruppassero
tutte le rughe degli inquilini sconosciuti
e nei bordi emergono crepe varicose
e macchie oscure, pelle invecchiata
di un sole moribondo.

Assorbono forme e molecole di tutti i giorni
finché l’identità non venga gradualmente sostituita
dall’anonimato, fino all’assimilazione totalizzante
e al denso caos del vuoto.

E poi come farà ad apparir così, distorta,
a causa della tua rifrazione vendicativa la memoria
al nostro solito, “casuale”, incontro?

                                                                                                     Campiflegrei – Napoli

 

Pubblicazioni di Konstantinos Moussas

 

Nota della traduttrice

Tentare di tradurre le poesie di Costantino Moussas – le quali costituiscono una felice sintesi di alcuni aspetti linguistici e strutturali intraprendenti – vuol dire trovarsi di fronte ad una sfida che si riassume nel seguente trittico: riuscire a tradurle senza rompere l’armonia del loro ritmo interno, cercare di non tradire la ricchezza linguistica e poetica derivata dai neologismi nonché dai mezzi espressivi adoperativi, evitare di diminuire il potenziale straniante che emerge dalle sue scelte linguistico-sintattiche.
Nelle poesie selezionate, avvalendosi di un linguaggio ricercato e lirico esplicitato in vocaboli quali «riva sotterranea», «stelle», «mare», «onde», ma soprattutto nell’uso di termini aulici quali «ποντίζω»[1] (sprofondare), di neologismi quali «θαλασσότητα»[2] (maritudine) e «τρικυμίζoμαι»[3] (tempestarsi), Moussas riesce a sviluppare una lingua personale che consente di rinviare ai paesaggi marittimi a cui intende dar forma. Al tempo stesso, il poeta impiega un linguaggio più tecnico, tra cui anche quello medico – testimone della sua seconda professione -, manifestato in locuzioni quali «barca di salvataggio» (διασωστικό), «plotone di esecuzione» (εκτελεστικό απόσπασμα), «sentenza di condanna» (καταδικαστική απόφαση), «silenzio geologico» (γεωλογική σιωπή), «sparo» (πυροβολισμός), «dolore» (πόνος), «morte» (θάνατος), «cadaveri» (πτώματα), «tormento» (μαρτύριο), «rughe» (ρυτίδες), «crepe varicose» (κιρσώδεις ρωγμές), «macchie oscure» (σκοτεινές κηλίδες), «molecole» (μόρια), «memoria distorta» (αλλοιωμένη μνήμη), che non soltanto mirano ad investire le poesie di una forte carica emotiva ma servono anche a rendere queste ultime pregne di significato.
L’immediatezza che contraddistingue il linguaggio adoperato in alcune di queste poesie lascia il suo posto ad un linguaggio più ermetico ne Il Grande Silenzio, e soprattutto in Stathme, la cui prima strofa dà già prova di una lingua densa e concisa nonché di una sintassi complessa destata dalla scelta del poeta di spezzare i sintagmi usati, ora anticipando ora posticipando l’uso dell’aggettivo all’interno delle frasi (ad esempio «διασωστικό … αυτοσχέδιο» invece che «αυτοσχέδιο διασωστικό» / «λευκό το οπισθόφυλλο» invece che «το λευκό οπισθόφυλλο»). Oltre che a suscitare un effetto di straniamento al lettore greco, tale espediente spingerebbe quest’ultimo a diventare co-autore nella creazione di senso, sollecitandolo a procedere ad una ricostruzione sintattica della frase al fine di non perdere il filo del discorso.

[1] Verbo derivato dal vocabolo «πόντος» che in greco antico designa il concetto di «mare».
[2] La locuzione proviene dalla parola «θάλασσα» che in greco moderno significa «mare».
[3] Verbo che in greco moderno si riscontra soltanto nella diatesi attiva e non in quella medio-passiva che compare nella poesia. Si è optato per una traduzione letterale del termine in italiano intenta a rendere conto dell’icasticità che lo caratterizza nonché della sua associazione ad un linguaggio marittimo.

 

Olga Retziou

Olga Retziou è Dottoressa di ricerca in Scienze Linguistiche, Letterarie e Filologiche (Università di Padova). Nel contesto della propria tesi di dottorato, realizzata sotto la supervisione di Emanuele Zinato, ha esaminato la rappresentazione del concetto di nazione all’interno della produzione letteraria postcoloniale e di migrazione italiana (1990-2015). Avendo conseguito un doppio titolo di Laurea Specialistica in Culture Letterarie Europee (Università di Bologna, Università di Strasburgo), si occupa di traduzione letteraria (italiano, francese, greco) e i suoi principali campi di interesse e di ricerca vertono sul contributo delle produzioni artistiche e letterarie contemporanee (quali romanzo neostorico, autobiografico e postcoloniale) nei processi di costruzione di identità culturali.

 

Konstantinos Moussas

Konstantinos Moussas (Pireo) è un medico, poeta e traduttore greco. Ha pubblicato le raccolte: Tα που θυμάμαι ξιστορώ (2001), Σημεία στίξης (2015), Ιωλκός (2016), Αγνώστου Πατρός (2016) – Premio dal Club per l’UNESCO, di Arte, Letteratura e Scienza della Grecia, Ορίζοντες (2016), 3a Raccolta poetica collettiva (2017), Τροπικοί Δείκτες (2017), Κωνσταντίνος ο Παλαιολόγος (2018). Sue poesie, articoli e saggi sono apparsi anche su riviste letterarie e quotidiani. Ha ricevuto diversi riconoscimenti e alcuni suoi testi sono stati recitati e incisi. Tra le traduzioni ci sono: Ορίζοντες (Marcello Vitale, Orizzonti, raccolta di poesie), Τα φώτα του δρόμου (Mario Luzi, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Poesie, raccolta bilingue di poesie), Ποιήματα (Eugenio Montale, Quaderno di quattro anni), Ποιήματα (Giuseppe Ungaretti), Ποιήματα (Pier Paolo Pasolini), Poeti Italiani I-IX. È membro di diverse associazioni culturali europee. Dal 2015 collabora con l’Istituto Italiano di Cultura (traduzione di testi di medicina e insegnamento di terminologia medica). Collabora con le riviste letterarie «Fractal» e «frear» e scrive per il sito protagon.gr

Back to Top