Demetrio e Marco Marra in dialogo

di Jacopo Curi

Nel breve scambio in cui Demetrio Marra mi ha presentato l’idea di abbinare una sua poesia a un disegno del giovanissimo fratello Marco, ha parlato di tentativo di pedagogia intrafamiliare. Già nella raccolta d’esordio Riproduzioni in scala (Interno poesia, 2019) Demetrio Marra inserisce riferimenti alla genealogia familiare. Stavolta il dialogo si nutre di un punto di vista alternativo, configurandosi come un’indagine dialettica pluridisciplinare sul tema dell’ecologia.

Demetrio Marra

First Reformed, il titolo del testo, rimanda all’omonimo film di Paul Schrader (2017) in cui una giovane coppia di ambientalisti è in crisi per l’imminente nascita di un figlio che si troverà a vivere in un mondo distrutto dalle logiche del potere e delle multinazionali. A muovere Demetrio Marra sembra dunque un intento politico, una volontà di denuncia all’interno di un più ampio contesto di riflessione sull’apocalisse climatica del mondo a venire. Nell’allusione priva di retorica a un paesaggio – s’intuisce – antropizzato («lo Stretto» di Messina, considerato il dato temporale, fa pensare a una distesa serale di luci) si alternano rimandi alla mercificazione consumistica contemporanea («chiedere prestiti», «comprare vestitini», «un set di poltrone e un divanetto da esterni») e alla persistenza discreta, impotente, umile della natura relegata in vaso («il profumo di menta», «piante di basilico, di limoni»). Il presente è così proiettato in un’ottica di responsabilità generazionale verso il passato («vi dovevate legare ai cancelli»), nonché di straniamento («vi sento da un altro mondo») verso un futuro dove non ci saranno più i propri cari («nel duemilaecinquanta vedrete la fine del mondo accanto a me / microscopici in foto o come spazio inoccupato») e dove si prevede che le minime soluzioni proposte («fare la differenziata, evitare gli imballaggi») non avranno effetti né pratici né sulla percezione dell’essere al mondo («sull’aria che respiri mi hai detto cose che non ricordo»), a patto di esserci ancora («me lo dico se vuoi che avrò la vostra età»).

Marco Marra

L’acquerello di Marco Marra, invece, si intitola Pollution. Nonostante l’impostazione complessivamente informale della pittura, a un’analisi più approfondita è possibile distinguere, tra le sfumature di grigio, alcuni elementi come una bocca insanguinata piena di mozziconi e il profilo di un agglomerato industriale che fa pensare ad alcuni passaggi de Le città invisibili di Calvino. Le macchie di colore sembrano detriti, resti dell’ipertrofica e acritica macchina mondiale in disfacimento. Tale aspetto materico si può interfacciare con letture sinottiche, ma in filigrana, pensando al dissolvimento della terra tra fumi e scorie, o alla radiografia di un corpo, di una società invasi dalle metastasi.

Due prese di coscienza, quelle dei Marra, che s’intrecciano forse casualmente, forse per concause genetiche o ambientali, e che non possono essere considerate puramente civili – qualora questo termine indicasse qualcosa di specifico nel campo dell’arte. Si pensi piuttosto all’umano radicato nel linguaggio, o meglio, nei linguaggi; all’articolazione e disarticolazione delle parole e delle immagini, come in questo caso, spesso in dialogo tra loro, e funzionali alla consapevolezza di ciò che si è e che ci circonda.

 

First Reformed

Siamo qui di fronte a un problema essenzialmente metafisico,
la fine del mondo, formulato nei termini rigorosi di scienze
sommamente empiriche come la climatologia, la geofisica,
l’oceanografia, la biochimica e l’ecologia.

Danowski, E. Viveiros de Castro, Esiste un mondo a venire?

mi fai se ho spento la luce – sì, credo, sedendoci in terrazza
dalla terrazza lo Stretto una tavola e poco vento delle sette,
una nave che non passa secondo me, che ristagna,
il profumo di menta nei vasi e di veleno per topi:

vi sento da un altro mondo: chi non riesce, non può

vi dovevate legare ai cancelli non chiedere prestiti o comprarmi vestitini
e c’è un set di due poltrone e un divanetto da esterni
o ridere perché avevo occhi un po’ isotropici
e piante di basilico, di limoni per i tuoi cinquantadue anni

nel duemilaecinquanta vedrete la fine del mondo accanto a me,
microscopici in foto o qui in terrazza come spazio inoccupato

al posto mio non cambieremo nulla
……………………………………………………………… me lo dico se vuoi che avrò la vostra età
senza perderci tempo a questo modo a fare la differenziata, evitare gli imballaggi

posso farlo, non mi pesa, per ora:
sull’aria che respiri mi hai detto cose che non ricordo

 

Pollution (2020) – acquerello su cartoncino A5

 

Demetrio Marra è nato a Reggio Calabria il 4 settembre 1995. È laureato in Filologia moderna all’Università di Pavia con una tesi su Luciano Bianciardi. È vice-direttore di «Birdmen Magazine», rivista di Cinema, Serie e Teatro. Collabora con la sezione Lingua italiana di Treccani.it. L’antologia Poeti nati negli anni ’80 e ’90 (Interno Poesia, 2019), a cura di Giulia Martini, ha ospitato tre suoi testi con prefazione di Riccardo Donati. Ha esordito con Riproduzioni in scala (Interno Poesia, 2019), con prefazione di Flavio Santi. Suoi testi inediti, in poesia e in prosa, sono comparsi su Abitare la parola (Ladolfi, 2019); sulla Bottega di poesia di Repubblica – Roma, a cura di Gilda Policastro; su Neutopia, su Altri Animali e su Mirino. Attualmente vive a Milano.

Marco Marra è nato nel 2002. Frequenta il quinto anno del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria. Appassionato di Fotografia, Cinema e Disegno.

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