Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

I bestiari dell’antichità, inaugurati, per quel che ne sappiamo, dagli scritti di Plinio il Vecchio e dal testo greco “Il fisiologo” (II-III sec. d.C.), sono raccolte di descrizioni relative a creature che si muovono tra la realtà e il mito, tra l’interesse zoologico e l’allegoria. Fra i più noti ricordiamo il “Bestiario di Aberdeen” (XII secolo), corredato da splendide miniature, e la “Monstrorum Historia” del naturalista Ulisse Aldrovandi (1642) .

Non mancano esempi di bestiari anche in tempi più recenti. Il secolo scorso ha visto la genesi del “Bestiario o corteggio d’Orfeo” di Guillaume Apollinaire (1911), una raccolta poetica che si allontana dalla natura duplice (scientifica e allegorica) dei bestiari antichi per collocarsi esclusivamente nel campo dell’allegoria. Inoltre, nel 1969 Jorge Luis Borges diede alle stampe il suo “Manuale di zoologia fantastica”, ribadendo sin dal titolo l’appartenenza dell’opera al genere della fiction.

Tra le opere contemporanee d’ispirazione bestiaristica va segnalato, agli antipodi rispetto ai due esempi precedenti, “Il libro degli esseri a malapena immaginabili” del documentarista Caspar Henderson, una raccolta di prodigi animali dal carattere squisitamente divulgativo. Un libro di etologia, insomma. 

Del resto quale sarebbe oggi, in una società occidentale disillusa e governata dalla tecnica, il senso di un nuovo bestiario allegorico? Le conoscenze geografiche e scientifiche sempre più approfondite hanno relegato ciclopi, folletti, licantropi e sirene nel folklore e nella letteratura fantasy. La finzione viene spesso rigettata a vantaggio del realismo. 

Eppure ci sono ancora creature, insieme fantastiche e reali, che reclamano a gran voce di essere descritte. Si muovono nell’habitat eterogeneo e complesso che è il nostro mondo intra- e inter-psichico. Sono emozioni, sensazioni, sentimenti, modalità di relazione, funzioni mentali.
Il Bestiario delle emozioni è un progetto letterario che ha preso corpo, nel maggio 2020, in una pagina Facebook dedicata (https://www.facebook.com/bestiario.delle.emozioni/). Al centro c’è un’opera di animalizzazione delle forze (e delle fragilità) che abitano l’umano: renderle esseri in carne e ossa, separati da noi, dunque visibili e dicibili, apre la strada alla loro comprensione e alla loro re-integrazione dentro di noi. Il progetto si trasformerà in un libro illustrato e verrà pubblicato entro il 2021 da “Settimopiano_ALIA edizioni” (la data di uscita non è ancora nota).

Da oggi Nuova Ciminiera proporrà, ogni domenica, alcune descrizioni tratte dal Bestiario. Buona lettura!

F. Davoli, Gattoluna e galleria

Bestia prima

Il Rancore ha zampe corte e cammina zoppicando. Non può affrontare una discesa, perciò resta sempre in superficie. È un animale da pozzanghera, sordo, cieco e inconcludente. Uccide solo chi lo nutre, al contrario di molte altre bestie feroci. Se non lo si alimenta esso non perisce, si trasforma piuttosto in qualcosa di migliore.

Bestia seconda

La Presunzione ha zampe lunghe quanto gracili e osserva il mondo dall’alto del suo collo. Ignara della prospettiva, crede ogni altra creatura di dimensioni infime. È una bestia cannibale: non si nutre che di se stessa. Perisce in genere inciampando su un sasso, quando le fragili zampe crollano sotto un peso che non sanno sostenere.

Bestia terza

Il Giudizio ha due bocche, una visibile e l’altra nascosta. Di quest’ultima è spesso ignaro. Quando la bocca esterna stritola una preda, quella interna, racchiusa nel ventre, morde lo stomaco del predatore. Così, ogni volta che sferra un attacco, una fitta lo assale impietosa. Certo di uccidere solo il prossimo, in realtà, con le sue stesse fauci, esso si dilania lentamente.

Bestia quarta

La Vergogna è una larva che abita tane ombrose. Prolifera nelle terre popolate dal Giudizio. Non riesce a guardarsi se non attraverso gli occhi degli altri, nei quali scorge un riflesso distorto di sé. Quando striscia fuori dalle tenebre tiene il capo chino e si muove di cespuglio in cespuglio, attenta a non farsi notare. Il mondo, là fuori, brulica di predatori. Se solo avesse il coraggio di mostrarsi, d’un tratto s’impuperebbe e dalla crisalide sorgerebbe un prodigio.

Bestia quinta

Il Coraggio ha zampe esili e teme il vuoto. Nasce nel dubbio e stende il collo oltre i confini del nido. Quando il tremore che lo scuote si placa appena, scruta l’orizzonte e si lancia nell’abisso. Soltanto allora scopre d’avere un paio d’ali.

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