Inediti da “L’età dell’uva” di Mattia Tarantino

Luca Ariano

In queste poesie inedite tratte da L’età dell’uva, Mattia Tarantino affronta il problema della morte nella società contemporanea. Thanatos è un tema che da sempre (come Eros del resto) é presente nella poesia, ma mai, come in questo periodo luttuoso per il Mondo, è così attuale. Tarantino si accosta ad un argomento decisamente forte con un tocco molto delicato e con uno sguardo che solo i poeti sanno proiettare. La morte incombe nel vivere quotidiano ed il poeta vorrebbe andare oltre l’apparenza del finis vitae e conoscere e comprendere cosa c’è oltre l’esistenza: ” Vorrei conoscere il mondo dei morti, / reclamarlo in una lingua senza storia / che non abbia una grammatica, ma possa / avverare tutto ciò che si pronuncia.” Il desiderio di visitare l’aldilà percorre tutta la storia della poesia, dai poeti greci e latini passando naturalmente per Dante e la Divina Commedia. Il sangue, elemento preponderante di vita, è anche un filo sottile verso la morte, labile come il suo fluire che può cessare da un momento all’altro.  Tematica che ricorre spesso, così come quella delle vene che sono il tramite del corpo assieme al sangue e tutto diventa labile agli occhi di Tarantino: “Solo questa la missione degli amanti, / nuova nella cenere ogni volta / che giochiamo ad allacciarci all’ombelico / la luna, il tabacco e i nostri morti.” Sono sullo sfondo gli echi di Dylan Thomas, ma anche di alcuni poeti romantici inglesi dell’Ottocento  come Shelley oltre ai riferimenti classici di Ovidio e Virgilio. La vita è come un frutto che se non mangiato per tempo appassisce sulle nostre tavole imbandite:” Vedi, non restano che i nostri / frutti sulla tavola: / mia madre che li sbuccia; i loro / nomi che pendono dall’orlo / e cadono tra il pavimento e l’invisibile. // Ora all’uva basta un soffio per marcire / in fretta e diventare una preghiera.” Mai come in questa epoca abbiamo bisogno di meditare sulla morte e di coglierla con gli occhi di un giovane poeta senza morbosità e quei luoghi comuni che troppo spesso ci vengono imposti dalla società dei consumi e dalla comunicazione in quanto la frenesia del vivere non dà il tempo di riflettere sui lutti e di rielaborare il rapporto con la vita e l’oltretomba.

 

Mattia Tarantino

Versi dal mondo dei morti

I

Vorrei conoscere il mondo dei morti,
reclamarlo in una lingua senza storia
che non abbia una grammatica, ma possa
avverare tutto ciò che si pronuncia.

Mi usano per parlare a chi è rimasto,
vogliono che dica, rovesciandola,
la parola che non hanno mai trovato

*

Legami nel sangue. Non temere
che mi ammali o sia stretto troppo forte:
solamente ciò che è unito nelle vene
resiste alle stagioni e non finisce.

*

Non leggermi la mano. Tra le linee
troveresti soltanto la tua sagoma.

*

Incida in tutto il corpo la parola
invisibile che governa le stagioni;
al rovescio incida i segni sopra i tagli
delle vene, a sangue aperto
ne ricavi bandiere e vaticini:

solo questa la missione degli amanti,
nuova nella cenere ogni volta
che giochiamo ad allacciarci all’ombelico
la luna, il tabacco e i nostri morti.

*

Vedi, non restano che i nostri
frutti sulla tavola:
mia madre che li sbuccia; i loro
nomi che pendono dall’orlo
e cadono tra il pavimento e l’invisibile.

Ora all’uva basta un soffio per marcire
in fretta e diventare una preghiera.

 

 

Mattia Tarantino è nato a Napoli nel 2001. Co-dirige Inverso – Giornale di poesia; collabora con YAWP – Giornale di letterature e filosofie e Menabò – Quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria; come traduttore con Iris News – Rivista internazionale di poesia. È presente in diverse riviste e antologie, italiane e internazionali. I suoi versi sono stati tradotti in sette lingue. Ha pubblicato Tra l’angelo e la sillaba (Terra d’ulivi, 2017) e Fiori estinti (Terra d’ulivi, 2019)

 

 

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