Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia settantunesima

La Solitudine danza in una grotta. Ogni passo libera un segreto nascosto nel suo ventre e lo proietta nel buio. Se i misteri che custodisce sono vivide fiammelle, la caverna si anima di colori festanti. Quando invece porta in sé mostri di pura tenebra o dolori di petrolio, la grotta si fa prigione. Ciò che ha dentro esce fuori a farle compagnia.

Bestia settantaduesima

La Giustizia morde i fianchi dell’Oltraggio, che osa profanare con zoccoli di ferro il giardino della Dignità. Non tollera la Prepotenza, l’Abuso e l’Iniquità e dà loro la caccia con occhi di brace e artigli di diamante. La sua fame è inesauribile, la sua lotta continua. Coi muscoli tesi sotto la pelliccia bruna, ruggisce indomita e rivendica per sé i destini del mondo. Non sempre vince. Bestie mostruose le tendono agguati nascoste nei loro anfratti. Il suo cammino è impervio e il suo corpo è costellato di cicatrici. Ma non si arrende.

Bestia settantatreesima

L’Incertezza cammina su uno stretto crinale. Gli zoccoli le scivolano sulla roccia friabile, lo stomaco le si rattrappisce in una massa contratta. Muove i fianchi per bilanciare il peso e ritrova l’equilibrio.
Su ambo i lati le pareti dirupate strapiombano fra coltri di nuvole grigie. Il suo cuore segna un approdo oltre la foschia, ma la lattescenza insondabile le impedisce di vedere quanto è lunga la strada da percorrere.
Spira un vento troppo debole per strapparla al suolo, ma troppo forte perché possa sentirsi al sicuro.
Che ne sarà di lei?

Bestia settantaquattresima

La Dignità non può essere aggiogata.
Le corna ritorte svettano sul capo fiero e il petto, ampio e lanoso, si offre al vento senza paura.
Ne nasce un esemplare ogni volta che qualcuno viene al mondo: da allora lo accompagna fin dopo la morte. Non invecchia e non soccombe.
Chi ferisce la Dignità provoca a se stesso il medesimo scempio.
Abita ogni luogo in cui la vita fiorisce.

Bestia settantacinquesima

L’Iniquità allatta solo i figli favoriti. Sdraiata su un fianco offre loro le mammelle e grugnisce soddisfatta.
Uno dei cuccioli sgraditi si avvicina per poppare. Lei mena una raffica di calci a vuoto con le zampe ungulate e il piccolo corre via gemendo.
I favoriti finiscono di mangiare e si tuffano nel fango. Gli altri zampettano verso le pozze per raggiungerli.
Lei scatta in piedi e li carica a testa bassa. Si disperdono senza protestare, ormai rassegnati.
Dal fitto dei ginepri si leva un ruggito: la Giustizia ha fiutato il loro odore.
L’Iniquità conduce i favoriti dietro il tronco massiccio di un abete. Emette un brontolio e spinge i cuccioli restanti tra le fauci della predatrice.
Concede molto a pochi e quasi niente a tutti gli altri.

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