Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia centottantunesima

Il Terrore emerge dall’imbocco del suo ipogeo e si affaccia sulla pianura desolata.
Una brezza gelida striscia fra gli steli e un bagliore pervinca illividisce l’orizzonte. Il crepuscolo è gravato da un silenzio innaturale. La sera inghiotte gli ultimi residui di luce e qualcosa sussurra nelle tenebre.
La bestiola spalanca la bocca, sgrana gli occhi e si paralizza.
Il mormorio si avvicina: tre sagome nere scivolano verso di lei.
Dalle sue viscere prorompe un grido lacerante.
Le sagome si fermano. Riprendono ad avanzare. Corrono.
Un lampo le illumina, il tuono che segue soffoca l’urlo del Terrore.
Buio.

Bestia centottantaduesima

La Serenità cammina su un terreno cosparso di fiori selvatici. Tra i loro fitti steli s’intravedono ossa bianchissime. Primule e coste, viole e clavicole: sono parti complementari dello stesso universo.
La bestia scuote il capo e i crini biondi le ricadono sugli occhi. Ha il cuore leggero, il passo lento e sicuro. Lungo la strada i suoi zoccoli incontreranno il fango e l’erba più soffice, i sassi più duri e i prati più morbidi.
Accetta il rischio del viaggio, pronta al buio e alla luce, alla bellezza e alla morte.

Bestia centottantatreesima

La Sensualità giace su un letto di foglie ocra, albicocca, vermiglie. I grandi occhi turchesi si affacciano tra ciuffi di lavanda selvatica e rosmarino, il ventre è un’onda nera che serpeggia baciata dal sole. La lunga coda danza sfiorando la corteccia rugosa di un tiglio, le zampe impastano la terra nuda.
Le fusa della bestia si accordano al ronzio incessante delle api, che succhiano con voluttà le gardenie odorose. Un ruggito fa vibrare gli steli dei fiori, i sassi premuti contro il terreno, le antenne delle formiche.
Un brivido percorre le vertebre della foresta.

Bestia centottantaquattresima

L’Insolenza si para davanti al Pudore e lo fissa con gli occhi rotondi. Dondola appena sulle zampe sottili e arriccia il naso. Inclina il capo da un lato, indietreggia di un passo e gli sputa in faccia.
Il Pudore, impietrito, emette un mugolio sommesso.
L’Insolenza si volta, mette bene in mostra le terga e sculettando se ne va.

Bestia centottantacinquesima

Il Pudore si nasconde tra le frasche, il fitto fogliame gli solletica la pelle glabra. Sporge il muso al disopra di un cespuglio, certo che da qualche parte il grande occhio della Decenza lo stia osservando. Zampetta qua e là con le orecchie ben tese, lo sguardo vigile, le narici dilatate. Per ora sembra tutto in ordine.
Si addentra tra le felci del boschetto e raggiunge la quercia dell’Intimità. Si affaccia sull’incavo che campeggia al centro del tronco: la bestiola riposa quieta sotto una coltre di foglie secche.
Veglierà su di lei, ma lascerà passare chi merita di incontrarla. Che vita solitaria vivrebbe altrimenti!

 

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