Bestiario delle emozioni – Storie di uomini e bestie

di Francesco Cangioli

“Abbiamo tutti paura del buio”

Rêveur posò il bicchiere sul tavolo e si asciugò la bocca col dorso della mano. Una goccia di vino continuò a brillargli sui baffetti ispidi. “Guizzava nel buio, sembrava una ballerina fatta di fiamme, e più la notte le si faceva addosso, più la bestia rosseggiava.”
Ingoiai l’ultimo boccone di pane e mi presi la testa fra le mani. “Che bestia era? Non ho mai sentito niente del genere.”
“Perché qui non sapete che esiste. Nemmeno io lo sapevo, dopotutto.” Scolò d’un sorso il poco vino che gli rimaneva nel bicchiere. “La città è così piena di luci che ce le facciamo bastare. In mezzo a queste illusioni elettriche è come se il buio non esistesse.”
Mi premetti gli indici sulle tempie. “Insomma, Rêveur, che bestia era?”
“Un Desiderio, Trimer. Era un Desiderio.”
Mi adagiai contro lo schienale e sbuffai. “Che significa quella storia dell’elettricità?”
Rêveur chiuse gli occhi. “Abbiamo tutti paura del buio. Costruisci dieci lampioni e avrai fatto un villaggio. Siamo come le falene, quando il buio incombe ci precipitiamo verso la luce.” Si grattò una basetta e sospirò. “Così, Trimer, la maggior parte di noi si accontenta delle lampadine. Dimentichiamo il buio, per questo non conosciamo il Desiderio.”
Mi sentii pesante per la prima volta in vita mia. “Perché non l’hai catturato, quel Desiderio?”
“Non si può catturarlo. Lo inseguo da settimane, non so fra quanto lo raggiungerò. Ma stai pur certo che lo farò.”
“E poi?”
Rêveur aprì gli occhi e sorrise. “Dicono che alla fine il Desiderio esplode e tinge la terra di una rugiada fiammeggiante. Feconderà i campi, e io raccoglierò i frutti che mi darà.”
Deglutii. “Hai ragione, Rêveur. Le lampadine non sono che giocattoli, a confronto con questa luce.”
“Caro Trimer, tutti abbiamo almeno un Desiderio che ci aspetta, se accettiamo la paura del buio. È il prezzo da pagare per trovare una luce più intensa. Per essere felici, credo.” Si alzò da tavola e mi posò una mano sulla spalla. “Addio, amico mio.”
Non gli risposi. La porta della locanda sbatté dietro di me.
Il cameriere raccolse il bicchiere di Rêveur e lo mise sul vassoio. “Vuole ancora vino, signore?”
Gli porsi il mio calice. “No, stanotte ho da fare.”

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