Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia quarantunesima

La Paura zampetta sul fondale sabbioso. Sporge gli occhi oltre il bordo della conchiglia: un cespuglio d’alghe ondeggia nella corrente, le scaglie argentee di un pesce brillano tra i coralli. Il Pericolo può attenderla ovunque, nascosto dietro una roccia o tra le propaggini di un anemone.
La conchiglia che trasporta è ormai troppo stretta, le comprime il carapace e la lascia scoperta a metà. È arrivato il momento di abbandonarla. Le tremano le chele, ma deve farlo. Sguscia fuori, è nuda di fronte all’oceano, disarmata e sola.
Troverà una conchiglia più grande e sarà di nuovo al sicuro. Nel frattempo, però, deve ripararsi. Si precipita verso un ciottolo e si acquatta. Com’è leggera ora che non ha niente addosso! Forse, mentre cerca un nuovo guscio, può godersi questa libertà.

Bestia quarantaduesima

La Negazione si copre gli occhi con le zampe anteriori e avanza in una melma vischiosa. Sbatte contro un tronco, la corteccia le graffia il muso, così cambia strada. Qualcosa ringhia fra gli alberi, lei mugola fra sé per non udire. Un tanfo di carne marcia le punge le narici, lei trattiene il respiro.
Si muove a tentoni in un labirinto di rovi, le spine le strappano ciuffi di pelo e brandelli di carne. Ma basta non pensarci: in fin dei conti lei non è lì, è ancora nella prateria, il sole le riscalda la groppa, l’aria profuma di genziana. Sbatte la testa contro un tronco, il dolore s’irradia fino al collo. Era già passata di qui?
Abbassa le zampe e apre gli occhi. Le sue impronte tracciano nel fango traiettorie sovrapposte, lunghi giri a vuoto. Grida e la sua voce scuote gli alberi ritorti che s’intrecciano nell’ombra. Si è perduta.
Con gli occhi aperti, però, potrà ritrovarsi.

Bestia quarantatreesima

La Consapevolezza riposa in una tana sotterranea, al centro di un viluppo di profondi cunicoli. È un piccolo rettile dagli occhi di vetro, seduto in attesa che qualcuno lo scovi. Per trovarlo è necessario sporcarsi le mani, scavare a lungo seguendo le vie tortuose che conducono al suo ipogeo. Chi fissa le sue iridi simili a specchi si trova davanti se stesso nudo: lo sguardo della Consapevolezza straccia d’un tratto ogni menzogna.

Bestia quarantaquattresima

Il Desiderio nasce in un vuoto di stelle. Traballa come un fuoco nell’oscurità e si tende a cercare la luce che sembra perduta per sempre. Spalanca la bocca pregustando la gioia del brillio che sorbirà d’un fiato e nell’attesa si torce le zampe fino a provare dolore. Cresce a vista d’occhio, rosso di vampa e guizzante, e quando la prima stella, una capocchia di spillo dorata, fende il sipario nero della notte, esso esplode tingendo l’erba di una rugiada fiammeggiante. Così feconda la terra.

Bestia quarantacinquesima

Il Disincanto attraversa una giungla di liane serpentine e di alberi vetusti.
Negli incavi dei tronchi riposano gli spiriti della terra. L’Ignoto si annida nell’ombra e sospira con voce di oracolo. I sassi, carapaci di antiche tartarughe, sorvegliano la marcia inosservata degli insetti.
Il Disincanto sbadiglia, si gratta un fianco e dà un nome a ogni cosa. Così gli arbusti non sono che arbusti, le foglie non sono che foglie. Non c’è posto per i vecchi spiriti. La giungla non ha più segreti, né scampoli di magia.

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