Brevi appunti su Tutti gli occhi che ho aperto di Franca Mancinelli

di Jacopo Curi

Tutti gli occhi che ho aperto (Marcos y Marcos, 2020) di Franca Mancinelli è un libro denso ma equilibrato, complesso ma essenziale; costruito con mestiere. Tra minimi dettagli concreti e una visione cosmica si nascondono alcune metafore ossessive, note sin dall’esordio con Mala kruna (Manni, 2007), che nel tempo si sono evolute e stratificate. Ne risulta un discorso aperto e ciclico di silenzi e indizi intertestuali riconducibili tanto al contesto della raccolta, quanto al complesso dell’opera.

Tutti gli occhi che ho aperto

Tutti gli occhi che ho aperto unisce il dramma umanitario, mai ridotto a cronaca, e il dato biografico, sfrondato di superflui riferimenti descrittivi. La natura è sempre sullo sfondo e fa da scenografia a una cornice storica attraversata dal vissuto, configurandosi come una mappa di segni che riducono il patrimonio culturale dei simboli in semplici tracce del passaggio umano. Questa rimodulazione del panismo coincide con un linguaggio asciutto, quasi ridotto all’osso, che proietta il lettore nella dimensione preverbale di una fitta rete di rimandi sensoriali, a cui fa da contrappunto la pulizia della pagina. Come evidente dal titolo, tali riferimenti coinvolgono in particolare la vista, ma anche tatto, udito, gusto e olfatto, caricando le parole di enigmatici e primitivi presagi.

L’insieme riproduce una nuda condizione esistenziale nella quale, come sottolinea Fabio Pusterla in quarta di copertina, si annida l’implicita “urgenza etica” di risemantizzare gli strumenti comunicativi, a partire dal contatto con le radici e le cicatrici del mondo.

Franca Mancinelli

Di seguito si propone una selezione di testi tratti da alcune delle otto sezioni (Jungle, Alberi maestri, Tutti gli occhi che ho aperto, Luminescenze, Specchio ricurvo, Tre sillabe di silenzio, Frammenti per una dedica, Diario di passo) che compongono il libro.

*

da Jungle

è un chiodo la mattina
trafitta la mente
affiora un’immagine
come da un frutto marcio
torna in piccoli segni
la vita senza forma brulicando.

*

da Alberi maestri 

da qui partivano vie
respirando crescevo

nel crollo, qualcosa di dolce
un incavo del tempo

tutti gli occhi che ho aperto 
sono i rami che ho perso.

*

da Luminescenze 

con la forza del niente
del non avuto mai
niente da barattare,
i gesti ricompongono una lingua
si allaccia al mio corpo un’armatura.

*

da Frammenti per una dedica

la visione infrange la superficie della realtà come un sasso uno specchio d’acqua. Correnti e stili si succedono. La superficie del reale si incrina e si ricompone. Questo cerchio in cui ci troviamo, sottile e prossimo a svanire, vive nelle vibrazioni di una mano che preme la parete di una caverna.

*

da Diario di passo

non è un caso che sia caduta la neve, coprendo questa terra, cancellando le tracce di tutti quelli che hanno vegliato e bivaccato al confine, portati da treni e ore di cammino, con uno zaino, una borsa, sorvegliati dalla polizia e dalle forze speciali schierate come un’altra rete di filo spinato. La neve è caduta su tutto questo, ha ristabilito la pace che ora calpestiamo: questo silenzio, questa solitudine di alberi carichi dei frutti del gelo.

 

Franca Mancinelli è autrice di quattro libri di poesia: Mala kruna (Manni, 2007 – premio opera prima Laudomia Bonanni e Giuseppe Giusti), Pasta madre (con una nota di Milo De Angelis, Nino Aragno, 2013 – premio Alpi Apuane, Carducci, Ceppo-giovani), Libretto di transito (Amos edizioni, 2018), e Tutti gli occhi che ho aperto (Marcos y Marcos, 2020 – premio Europa in versi). Una silloge di suoi testi è compresa in Nuovi poeti italiani 6, a cura di Giovanna Rosadini (Einaudi, 2012) e con introduzione di Antonella Anedda, nel Tredicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea, a cura di Franco Buffoni (Marcos y Marcos, 2017). Traduzioni di suoi testi sono apparse su riviste e antologie straniere. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali, tra cui Chair Poet in Residence (Calcutta, 2019) e Refest – Images and Words on Refugee Routes (2018) da cui è nato Taccuino croato, ora in Come tradurre la neve (AnimaMundi edizioni, 2019). Con traduzione inglese di John Taylor sono usciti per The Bitter Oleander Press (Fayetteville, New York), The Little Book of Passage (2018) – traduzione di Libretto di transito – e At an Hour’s Sleep from Here: Poems (2007-2019), una raccolta dei suoi primi due libri con alcuni inediti.

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