Bestia duecentoquarantunesima
La Complessità, vista da lontano, è un puntino nero semovente. A guardarla meglio, però, sembra proprio una formica: ha una piccola testa, un torace sottile, un addome rigonfio. Si sposta rapida su sei zampette, e ciascuna di esse è divisa in tre segmenti più piccoli. Lascia dietro di sé una scia di minuscole orme che si perdono nell’erba.
Da dove viene? Dove sta andando, e perché?
Drizza le antenne e si ferma. Tra gli steli avanza una marea nera: sono milioni di altre formiche. Corrono le une accanto alle altre, si uniscono a lei, si ammassano a formare un unico corpo ogni zampa del quale è composta da un numero incalcolabile di formiche avvinghiate fra loro. Chi guardasse da lontano potrebbe ancora vedere un solo insetto.
Chissà che anche all’inizio, quando pareva niente più che un puntino, quella prima formica non fosse già un puzzle di minuscole creature interconnesse.
Bestia duecentoquarantaduesima
La Seduzione si sdraia al centro di una fitta ragnatela. Con le lunghe zampe pizzica i filamenti perlacei come se fossero le corde di una lira. La rete vibra, la melodia che diffonde richiama le creature consonanti. Un corteo di bestie danza scivolando verso il ragno aedo, capace di attirarle a sé con la sola forza della musica.
Bestia duecentoquarantatreesima
L’Inaiutabilità grida dal fondo della fossa e drizza il naso all’insù. Un volto si affaccia sull’orlo, stagliandosi scuro contro il cielo terso: qualcuno l’ha sentita urlare e adesso le tende una mano.
Lei allunga le braccia verso l’alto, ma sono troppo corte. Provare ad alzarsi in piedi sarebbe uno sforzo inutile: lo sconosciuto è distante, inarrivabile. Eppure le fa un cenno, sembra invitarla a saltare. Non si accorge che non servirebbe? Vada al diavolo! Non c’è niente da fare.
La bestia si rannicchia sul terriccio umido. Resterà lì, da sola, e nessuno potrà salvarla.
Bestia duecentoquarantaquattresima
La Gaiezza volteggia fra i chicchi di grandine. La tempesta infuria, ma lei non smette di danzare: le sue minuscole zampe si agitano in un cancan, le alette verdi sbattono con la levità di un petalo in caduta. La nube che l’ha generata è lontanissima sopra di lei, la terra al disotto è altrettanto distante.
La Gaiezza plana su un chicco e fa una piroetta, balza per aria e si aggrappa a un altro chicco.
Un raggio di sole colpisce il ghiaccio ed esplode in un trionfo di luce. Lei chiude gli occhi e lascia ondeggiare le antenne. Non importa quando e come finirà la discesa. È un viaggio magnifico.
Bestia duecentoquarantacinquesima
La Prorompenza straripa da un cratere, il suo corpo di magma si allarga sul terreno in onde sinuose. Investe le radici degli ulivi e si arrampica su per i tronchi biancastri, sommerge i rami e schizza verso l’alto. Dal ventre di lava esplode un boato, su un’ansa incandescente si aprono due occhi gialli. All’apice di un flutto si spalanca una bocca arancione percorsa da venature nere, con denti di brace tra i quali si fanno largo nuvole di fumo grigio.
Qua e là il magma si solidifica e ingrigisce. Il grido della bestia si attenua, declina in un rantolo, si spegne: presto la Prorompenza lascerà dietro di sé una distesa di pietra e cenere. Avrà distrutto e infiammato, ucciso e fecondato.