Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia duecentocinquantaseiesima

Il Vittimismo ronza intorno a una graticola azzurrastra. È un puntino nero sospeso a un palmo di mano dal proprio patibolo. Emette un fischio lamentoso: si dispera dell’elettricità che lo potrebbe folgorare.
Una mosca lo supera e viene incenerita. Il suo corpo precipita a terra lasciando dietro di sé un rivolo di fumo bianco.
Il Vittimismo fischia più forte, invoca l’aiuto di un salvatore che lo allontani dalla graticola. Da sé, però, non prende le distanze.
Un nugolo di moscerini lo circonda e gli orbita attorno come un sistema di pianeti in miniatura. Persino una grossa falena gli si fa incontro sbattendo le ali brune.
Il Vittimismo svolazza mogio, si lamenta e risucchia le energie di tutti gli insetti giunti per soccorrerlo, che restano inebetiti a mezz’aria. Non lo fa di proposito, ma da tutta la vita è così piccolo che non crede di poter avere un peso, né di potersi salvare da solo.

Bestia duecentocinquantasettesima

Il Catastrofismo nasce nel pieno di un sisma. Il suo primo vagito si perde inascoltato nel rombo della terra che trema. Un abete divelto si schianta al suolo davanti a lui, una crepa gli si allarga fra le zampe.
Il tronco spezzato e l’abisso che minaccia di ingoiarlo gli s’imprimono nelle retine. Diventa cieco alla realtà, capace di vedere solo, ovunque guardi, quell’albero crollato e quello spacco.
Ha zampe per toccare l’erba fresca, narici pronte a dilatarsi per accogliere nuovi profumi, una bocca per assaggiare i frutti della primavera. Eppure cammina a stento, sempre convinto di piombare nell’abisso, e trattiene il fiato per paura d’inalare la polvere sollevata dal terremoto.
Spesso tende le orecchie e insegue il richiamo di una catastrofe lontana: il boato di un’inondazione, lo schianto di un meteorite, il rombo di un nuovo sisma. Sono suoni che riconosce, che confermano ciò che vede: la rovina è sempre lì ad attenderlo. E allora, passo dopo passo, se la procura.

Bestia duecentocinquantottesima

La Schiettezza ha un grumo amarognolo incastrato nella faringe. Dà un colpetto di tosse e se lo ritrova sulla lingua: è l’ultimo Pensiero disceso dalla camera oscura della sua testa. Protrude le labbra e lo sputa fuori più forte che può.
Il Pensiero le esce di bocca trasformato in Parola, senza che il filtro dei denti lo abbia cambiato di una virgola. Ha un profilo spigoloso, margini netti, qualche aculeo che potrebbe ferire. Ma non farà alcun male, perché là intorno non c’è nessuno.
La Schiettezza si china sul prato, addenta un ciuffo d’erba e inizia a masticare.
Chissà perché, ogni volta che lei si avvicina tutti se la danno a gambe.

Bestia duecentocinquantanovesima

Il Presentimento strascica i lunghissimi tentacoli sul fondo dell’abisso. Qualcosa gli raspa contro le ventose.
Lancia un’occhiata sotto di sé, ma le sue propaggini si perdono nel buio, molto al disotto del corpo. Forse era solo un sasso.
Sopra di lui la superficie del mare è attraversata da reticoli di luce. Un banco di sardine si aggrega in una matassa sfavillante. È tutto tranquillo.
Il Presentimento si ferma, la corrente è debole e lo fa oscillare appena. Una vibrazione gli si propaga dalla punta di un tentacolo al resto del corpo. Una massa lo sfiora laggiù in profondità.
Ritrae di scatto tutti e otto i tentacoli, spruzza dietro di sé una nuvola d’inchiostro nero e nuota più veloce che può. Qualcosa di orribile sta risalendo l’abisso, e lui non sarà lì per scoprirne l’aspetto.

Bestia duecentosessantesima

La Riflessività avanza bipede fra i castagni. La gabbietta di legno che tiene in mano scricchiola, la porticina sussulta: il Ricordo che vi ha rinchiuso preme per uscire.
Al centro del castagneto la grotta si apre come una bocca. La Riflessività piega il collo per non sbattere contro la volta rocciosa, si addentra nel ventre scuro della tana e si siede a terra. Appoggia un artiglio sul fermo della porticina e lo solleva. Il Ricordo schizza fuori con un frullio d’ali, una scia fosforescente vortica nel buio.
La Riflessività si appoggia alla parete umida della grotta e incrocia le gambe. Osserverà le traiettorie del Ricordo finché non l’avrà compreso a pieno.

 

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