Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia duecentosessantaseiesima

L’Ipercontrollo si appollaia sul ramo più saldo dell’albero più robusto del bosco. Sgrana tutti e quattrocento gli occhi e ne punta ciascuno in una direzione diversa. Nessun predatore potrà sorprenderlo.
Con l’orecchio che gli sporge dalla scapola destra capta un fruscio tra le felci. Strizza dieci occhi per sondarne l’intrico, ma non trova niente. Probabilmente era solo il vento.
Da oggi in poi vivrà nutrendosi della corteccia e si disseterà coi liquidi delle foglie e con l’acqua piovana. Abbandonare la postazione è troppo rischioso: una vita disattenta ha trucidato il suo branco. Lui non morirà.
Una femmina ancheggia fra le acacie, la sua coda rosa oscilla appena. Lui si morde un labbro, inspira a fondo e deglutisce. Non la seguirà.
Le zampe gli dolgono per l’immobilità, molti occhi gli bruciano: non sbatte le palpebre ormai da ore. Però è ancora vivo.
Il cielo si rannuvola e…
L’Ipercontrollo precipita insieme al ramo spezzato, il legno alla base del moncone è in fiamme, il fumo gli brucia le narici. Lui balza a terra, il cuore gli schizza in gola e tutti gli occhi si riempiono di lacrime. Aveva ogni cosa sotto controllo, meno che il cielo: non si prevede un fulmine.
La femmina sporge la testa oltre un masso ed emette un gridolino. Adesso, forse, è arrivato il momento di seguirla.

Bestia duecentosessantasettesima
Il Sogno nel Cassetto è il più grande fra i tarli del legno. A differenza dei più rari insetti che smangiucchiano i vecchi mobili, non nasce da un uovo fecondato, frutto del ventre di un altro tarlo, ma viene estratto, minuscolo e già formato, dall’orecchio di un umano. Ha splendide elitre cangianti, simili a quelle di un ronzon d’oro, che proteggono ali ancora troppo piccole per spiccare il volo.
Grazie al suo bell’aspetto, raramente viene schiacciato; lo si infila piuttosto con noncuranza in un cassetto del comodino, che resta poi chiuso per tempi più o meno lunghi.
Durante la sua prigionia, il Sogno cresce divorando il legno a poco a poco, con le piccole mandibole che rodono i trucioli provocando un picchiettio acuto. Quel rumorino insistente è spesso motivo d’insogna per l’umano coricato lì accanto, che negli anni può fare, a occhio e croce, tre scelte.
La prima è quella di aprire il cassetto e schiacciare il Sogno, mettendolo così a tacere per sempre, ma portando impressa sul palmo della mano, come un marchio d’infamia, la sagoma del suo corpicino.
La seconda consiste invece nell’assuefarsi al picchiettio e rinforzare il cassetto nella speranza che il tarlo non riesca mai a uscire fuori, perché, dopo una vita intera relegato nel buio e ignorato, potrebbe essere divenuto un mostro antropofago e con ogni probabilità si scaglierebbe contro chi l’ha generato.
L’ultima scelta, la più felice, è quella di aprire il cassetto, raccogliere il Sogno nel palmo di una mano e nutrirlo di fiducia e determinazione, dissetarlo, riporlo nell’ovatta perché dorma finalmente al caldo, finché, ormai pronto e robusto, aprirà le elitre e spiccherà il volo, indicando all’umano la via per un futuro più radioso.
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