Bestiario delle emozioni – Storie di uomini e bestie

di Francesco Cangioli

L’articolo della scorsa settimana ha chiuso la sfilata delle creature che popolano il nostro mondo psichico e mentale. A partire da oggi, dunque, per qualche settimana esploreremo qualcosa di nuovo: ciò che accade quando ci rapportiamo a quelle bestie, le relazioni salvifiche o tossiche che con esse riusciamo a instaurare. Che poi vuol dire, a conti fatti, le relazioni che siamo in grado d’instaurare con noi stessi.

Lo zoo delle bestie negate

Nello zoo delle bestie negate la Gioia ingrigisce in un acquario troppo stretto. In un cantuccio della stessa stanza, la Speranza sbatte contro le pareti della propria teca e agita le zampette verso la luce illusoria dei neon. La Tristezza è stata infilata dentro una bottiglia di plastica, ha i tentacoli annodati e langue, incapace di raggiungere il sole.
Fuori, ai lati dei vialetti puliti, creature scheletriche, perlopiù irriconoscibili, si trascinano nelle loro gabbie dalle sbarre rugginose.
In mezzo a un prato secco c’è un recinto di filo spinato. Un Talento denutrito zoppica a tentoni, i paraocchi lo rendono cieco. Ha i fianchi pieni di vecchie cicatrici e di ferite ancora fresche.
Un mugolio grave, disperato, si leva da una fossa. Sul fondo, nel buio quasi assoluto, un grosso pachiderma prende a testate le pareti. È l’Ira, ha il corno spezzato ed è scossa da un tremore.
Una sola bestia è libera: la Repressione. Si aggira per i viali deserti, gli occhi che le tempestano il dorso ruotano senza tregua, le zanne ricurve le pendono dalla bocca.
Soffia un’aria gelida. In questo posto, destinato a rattrappirsi e a rinsecchire col tempo, ogni emozione è proibita, ogni sentimento è guardato con sospetto.
M’incammino verso l’uscita. Di fianco al cancello c’è una gabbietta che non avevo visto entrando. Una Libertà bambina giace in una pozza di linfa ormai secca. Ha le ali mozzate e muove appena le radici in cerca di qualcosa in cui radicarsi. Vorrei aiutarla, ma un grosso lucchetto chiude la porta della gabbia.
Sospiro e le sorrido. “Tu hai il permesso di esistere.”
Supero il cancello e mi allontano.

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