La pelle delle immagini. Fenomenologia del nudo, fenomenologia del vero.

di Michele Bordoni

“Non al suo amante più Diana piacque, / quando per tal ventura, tutta ignuda, / la vide in mezzo de le gelide acque” è un famoso madrigale petrarchesco incardinato al mito di Atteone che, per uno sguardo furtivo al bagno della dea, si ritrova mutato in cervo e inseguito dai suoi stessi cani da caccia. Il nodo che lega a un qualche motivo di interesse non specialistico l’abbrivio fornito da questi versi è tutto nella relazione poesia/verità che, a livello estetico, giace sotto questa composizione. Nella metafisica occidentale la verità si definisce come aletheia, come s-velamento che ri-vela qualcosa prima del suo subitaneo coprirsi; un movimento, più che un’essenza, questo tipo di verità colta nel suo passare ad un radicamento altro e diverso; una relazione di sguardi superficiali ed attimali che privano dell’approfondimento concettuale o visivo. Pena, l’irrigidimento della visione in astrazione; pena, la mutazione dello sguardo sulla verità in verità che fugge a sua volta. Nell’atto voyeuristico di Atteone e in quell’“ignuda” che caratterizza Diana, la poesia (petrarchesca in primis, ma in genere tutta l’altra) si ritrova a fare i conti con la sua vocazione epidermica, votata sostanzialmente a una dizione così veloce del reale che, nel momento in cui lo dice, è pronto a perderlo. Una poesia è lo sguardo verso Diana di Atteone prima che questo, invece della verità, si ritrovi un mucchio di fogli in mano, bianchi. La poesia, come la verità, sembra codificarsi in termini relazionali; c’è sempre un guardato che fugge e un guardante che ammira e insegue, c’è sempre un occhio vigile e un corpo che, nell’attimo dello svestimento, si rivela pura carne, pura epidermide che non simboleggia altro da sé, che non muta se stessa in visione o in allucinazione metamorfica. La pelle, colta nello spazio-tempo del velo che cade, nell’attimo del voyeur che spia il segreto del nudo prima della coscienza della nudità, sembra essere il terreno in cui poesia e verità (e, come vedremo, più in generale arte e verità) si incrociano.

Rembrandt, Betsabea con la lettera di Davide, 1654 ca. Parigi, Musée du Louvre

 

Il discorso su pelle e verità, o su nudità e verità, tuttavia, affiora in parecchi luoghi della cultura occidentale. Si pensi alla voluminosa pelle tenuta in mano da Michelangelo-San Bartolomeo nel Giudizio Universale nella Cappella Sistina, una “revestita carne” (in tutti i sensi) che in sé rimanda a una carne ulteriore, fisica ma anche spirituale, corporea eppure empirea. Oppure si pensi al quicunxe di Sir Thomas Browne, famoso medico inglese del Seicento appassionato di dissezioni e squartamenti che, nella sua opera maggiormente conosciuta, I giardini di Ciro[1], nota la somiglianza incredibile tra la trama epidermica (disposta secondo intersezioni di figure triangolari del tipo “˅” – il cinque romano, quinque – congiunte nell’estremità inferiore in modo da formare una figura simile alla “Ⅹ”) e la sistematizzazione del cosmo secondo lo stesso schema; una maniera di rendere la pelle tramite diretto tra l’armonia cosmica e l’uomo, reso parte dell’universo tramite la sua superficie coprente. In entrambi i casi la pelle però fa parte di un corpo, è “pelle di”, “pelle che ricopre…”, non pelle e basta, non attimo estremamente arrischiato al bordo della sua finitudine. Un recente libro di Federico Ferrari e Jean Luc Nancy tenta di focalizzare l’attenzione proprio su questo aspetto della verità incarnata. Come in una moderna Galeria mariniana o, se si vuole azzardare un paragone musicale, come in una filosofica promenade attraverso dei Quadri di un’esposizione di mussorgskijana memoria, La pelle delle immagini (Bollati Boringhieri, 2003), si presenta come un percorso attraverso ventisei immagini di nudo scelte dai due autori del volumetto.
Nessun criterio ulteriore al puro gradimento estetico dei curatori, che si mettono a nudo a loro volta nel miracolo – a volte riuscito – di una descrizione verbale che eguaglia la presentazione figurativa. Si affastellano varie immagini in questo agile volume, che potrebbe essere pensato, tenendo a mente la descrizione data nel Preambolo dello stesso come un pre-ambulare, come un pre-attraversamento della galleria di immagini e dipinti, un susseguirsi di immagini e cartigli descrittivi, come delle didascalie che implementano i quadri o le fotografie; dagli affreschi giotteschi si passa ad Annibale Carracci (Il ciclope Polifemo), ai fulminanti disegni di Rembrandt (Betsabea e Humus) e di Goya (Maja), per poi attraversare David, il primo Bacon (Study for a nude), fino ad arrivare alle fotografie di Weston, di Mulas, al Peep Show di Daniel e alle opere di Lucian Freud. La forma ecfrastica che regola il volume, l’atto descrittivo che dipinge in parole l’immagine secondo un criterio che inizia ad essere ritenuto fondamentale almeno a partire dall’Ut pictura pöesis nel Rinascimento, mostra qui tutte le sue potenzialità non tanto nel riempire il bianco della pagina che segue la mostrazione del quadro, quanto nell’allargare quel bianco in una reticenza che non fa altro che affermare la presenza di un’assenza, quella del nudo. L’ekfrasis condotta con metodo – si passi il termine, che è pure giustificato dalla formazione dei due autori – fenomenologico è tutta centrata all’affermazione che il nudo “non indica nulla, vuol solo essere nudo” (p. 7) perché interessa, nel nudo, come per Atteone che sbircia Diana, “non un senso da decifrare e da scovare dietro i segni e i tratti, ma una verità direttamente sulla pelle. Una verità sulla pelle, una pelle come verità” (p. 8). Il nudo infatti, si differenzia dalla propria infinita messa a nudo, che Nancy e Ferrari indicano col termine “nudità” la rappresentazione che da nudo si fa immagine, da “metafisica del segno” a pura significazione potenziale, a completa asimbolia per eccesso di simbolizzazione.
È questo il caso della Betsabea di Rembrandt, in cui “resta la nudità di una donna affranta e spaesata, che diviene la messa in crisi di ogni «metafisica del segno», di ogni volontà di iper-significazione, di classificazione, di sistematizzazione, di donazione di senso, di manifestazione di essenza” (p.19) oppure di Girl with Closed eyes di Lucian Freud, in cui “l’incarnato è esattamente la messa a nudo dell’incarnazione: un’incarnazione senza redenzione, senza spirito, senza Verbo, senza epifania” in cui resta solo “la superficie muta della nudità” (p. 48).

Lucian Freud, Girl with Closed eyes, 1986-87. Collezione privata

 

Altrove il contrasto nudo / nudità, come nell’Apelle e Campaspe di David, che ritrae Apelle nell’atto di dipingere l’amante del presente Alessandro, si rivela nell’incrocio tra volontà del corpo irraggiungibile della ragazza, corpo irriducibile all’immagine che Apelle tenta di dipingere (e che infatti nel quadro di David non è che appena abbozzata) pur desiderandola, e volontà dell’immagine di un corpo già posseduto da parte di Alessandro.  Il filone erotico-pornografico d’altronde, e sarebbe stato sospetto non aver dato uno spazio in un libro sul nudo a questo tema, propone alcune delle riflessioni più accattivanti nella descrizione dell’opera Peep Show di Julien Daniel. La pornografia come atto voyeuristico teso non alla pelle ma all’uso che si fa del corpo che la pelle inguaina è definita come un atto filosofico estremo, come una mise en abyme a spirale: “In un certo senso il porno parla della verità del sesso: scossa, schizzo, umido grugnito. In un altro senso, che è poi lo stesso rovesciato, parla dell’impossibilità di fare uso di questa verità. Tenta l’uso e l’usura di ciò in cui non si può fare uso, di cui non v’è né uso né usura. È proprio questa la verità: della verità non si fa uso” (p. 95).

 

Jacques-Louis David, Apelle e Campaspe, 1814 ca. Lille, Musée des Beaux-Arts

 

Quello che più interessa, visto che si potrebbe andare avanti a ricostruire come in un puzzle le callidae iuncturae filosofiche di Ferrari e di Nancy per molto tempo, è notare come la tecnica dell’ekfrasis, filosofica, poetica, sia filosofica che poetica, non sia un tentativo riuscito. Le parole, invece di anatomizzare il nudo, di metterlo sul tavolo medico di una dissezione oggettiva e oggettuale (per un interessante sguardo su alcune questioni a questa attinente si legga Louis Van Delft, Frammento e anatomia. Rivoluzione scientifica e creazione letteraria, il Mulino, Bologna, 2004), di renderlo esibizione di nudità, falliscono miseramente la rappresentazione dell’oggetto nudo, che fugge e rifugge ogni tipo di definizione. Le parole, sia quelle dei filosofi che quelle dei poeti, arrivano sempre al punto in cui devono tacere. L’ekfrasis dismette la sua volontà cartografica, da un’estetica della forma passa a un’estetica della forza: “[il modello] si presenta non una forma da ricopiare ma una forza da ricevere, da sostenere e contro la quale lanciarsi. In questo senso, il modello modella non il corpo ma la tensione che la nudità instaura tra il corpo e se stesso, nudo, il corpo si perde e si cerca, si appropria e si abbandona. Esso fa corpo con questo slancio, con questa inquietudine, con questo appoggiarsi di sé contro di sé” (p. 64). In questo magnifico fallimento il nudo rivela la sua bontà, la sua libertà e la sua totale e vera realtà. La pelle delle immagini è anche una lezione di (est)-etica, di presa sul mondo e di delicatezza del tatto; una lezione di sguardo che però è anche magistero di poesia e di pensiero: “Il piacere di guardare, in tutte le sue varianti, che si spingono fino al voyeurismo, viene così a esprimersi per mezzo di una doppia pulsione; una volontà panottica di rendere visibile anche l’invisibile, e una necessità di invisibilità. […] Il nudo è così reso alla sua intangibilità, alla sua invisibilità costitutiva che si riverbera anche nell’invisibilità di colui che lo ritrae. […] Frustrazione infinita di ogni volontà panottica” (p.86)

Ugo Mulas, Pistoletto, 1970. Collezione privata
______________________________
[1] Sir Thomas Browne, The Major Works: Religio Medici, Hydrotophia, The Garden of Cyprus, A Letter to a Friend, and Christian Morals, Penguin Classics, London, 1977.
Back to Top