Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia cinquantunesima

L’Ingenuità ripiega le ali sui fianchi e cinguetta.
Di fronte a lei c’è una bocca irta di denti aguzzi. Una grossa lingua rosa si sporge oltre gli incisivi e mette in mostra un sassolino luccicante.
L’uccellino trilla e zampetta verso di esso, fa un saltello e atterra sulla mucosa. Il suo canto rimbomba nella gola del mostro.
La lingua si ritrae, le zanne si serrano di scatto.
C’è buio nel ventre dell’Inganno.

Bestia cinquantaduesima

L’Empatia sa il dolore che contorce il muso di una bestia morente. Riconosce la mestizia delle creature silenziose attorno a una pozza senz’acqua. Benedice la gioia delle fiere arboricole che saltano fra i rami. Per lei ogni grido, ogni latrato, ogni ruggito racconta una storia. Sorvola la savana con le ali spiegate ad abbracciarne gli entusiasmi e le sventure. Vedendola lassù, comprensiva e quieta, distante, ma partecipe, ogni essere si sente meno solo.

Bestia cinquantatreesima

L’Amicizia non cammina mai da sola. Le sue zampe affiancano il passo di una creatura simile a lei. Due sguardi corteggiano lo stesso orizzonte e due distinti respiri si rincorrono nel vento.
Quando cala la notte il suo ululato non si perde nel buio: subito le risponde un’altra voce.
Ha occhi ambrati che riflettono la parte migliore di ogni bestia. È paziente, fedele e il tempo la fortifica.
Non ha patria, né sesso, né età.

Bestia cinquantaquattresima

L’Ossessione è un parassita divoratore di pensieri.
Scava un cunicolo che lo conduce al centro della mente e attira l’attenzione del suo ospite rosicchiandone il sonno. Il ticchettio che produce assomiglia al rumore di un’Idea e guida le azioni del malcapitato. Più l’ospite gli dà ascolto, più il parassita si gonfia. Il suo obiettivo è assumere il controllo.
Può essere sconfitto solo svelando il segreto che cela: un dolore, un desiderio inascoltato, una paura.

Bestia cinquantacinquesima

La Cura cinge con la lunga coda il gomitolo di una preoccupazione. Nutre i figli digiuni di carezze col conforto che trabocca dai suoi seni. La sua pelliccia è giaciglio e tana inespugnabile, la sua lingua lenisce il dolore dei cuccioli feriti.  A sera s’immerge nell’acqua sorgiva, chiude gli occhi e si lascia cullare dal canto dei salici. Solo così potrà darsi ancora agli altri: ricordandosi di sé.

 

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