Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia centosessantaseiesima

La Megalomania proietta un’ombra gigantesca sulla parete della caverna. La nuda roccia si anima di uno scuro batter d’ali e un collo fiero si tende verso la volta di granito. La sagoma cresce fino a occupare tutto lo spazio e spalanca il becco come per divorare la grotta.
Un pigolio lamentoso spezza il silenzio e un odore di bruciato appesta l’aria. L’uccello si volta di scatto: il fuoco acceso alle sue spalle gli ha incenerito una piuma.
Corre all’esterno in cerca d’acqua e scorge una pozzanghera ai piedi di un grande abete. La raggiunge con un balzo e v’immerge la coda: la puzza si attenua e scompare.
La Megalomania indietreggia e china la testa sul proprio riflesso. Nell’acqua sporca c’è il muso di un’Umiliazione che ha scelto di voltare le spalle alla luce. Lei deglutisce, ma ha un nodo in gola. Si era rifugiata nell’illusione di una grandezza che non le appartiene.

Bestia centosessantasettesima

L’Avventatezza si lancia oltre il bordo del nido prima che le sue penne abbiano finito di spuntare. Non considera l’altezza vertiginosa dell’albero, il vento che le fischia in faccia, la patina di neve che già copre i prati come un sudario steso sulle foglie cadute. È sospesa nel vuoto, le minuscole ali che sbattono per evitare la rovina, il becco che si spalanca in un cinguettio stridulo. Precipita agitando le zampette come per aggrapparsi alla brezza e il suolo è vicino, lo schianto imminente.
Uno strido familiare sovrasta il sibilo del vento, un corpo massiccio fende l’aria. Due zampe adulte l’afferrano e la riportano nel nido, lontana dai sassi e dalla neve.
Stavolta ha avuto fortuna.

Bestia centosessantottesima

La Sopportazione s’impenna sulle zampe posteriori chiudendo il passaggio fra le pareti del canyon e offre la groppa alla foga dei cani randagi: attacchino pure lei, ma non avranno la sua tana.
I denti del branco le frugano la schiena lanosa in cerca di carne da sbranare, gli artigli le scavano i fianchi senza pietà. Fitte lancinanti le s’irradiano a tutto il corpo.
La Sopportazione trema e i suoi occhi si bagnano di lacrime, ma non cederà. Come un pinnacolo di roccia flagellato dal vento e dalla grandine, resterà immobile a fissare l’avorio delle proprie zanne che rifulge nella canicola. Il branco dovrà scavare a lungo prima di raggiungerle le ossa. Saranno i cani a cedere per primi, non lei.

Bestia centosessantanovesima

La Velleità mira alle gemme rosate che rilucono sui rami più alti della sequoia. Col naso all’insù si aggrappa alla corteccia e inizia la scalata. Sale, sale, sale ancora, finché i muscoli non le vanno in fiamme ed è costretta a fermarsi. S’inerpica su un rametto e si sdraia a riposare. Chiude gli occhi, li riapre ed è già sera: le gemme sono state ingoiate dal buio. A questo punto, tanto vale dormire ancora.
Il sole si riaffaccia tra le fronde, i passeri cinguettano gioiosi. La Velleità si stira la schiena e riprende l’arrampicata. I suoi polpastrelli aderiscono ai solchi del tronco, la brezza mattutina le rinfresca il naso.
Dalla chioma di un albero vicino si leva uno stormo così compatto da sembrare un unico enorme corpo di pece. La Velleità spalanca la bocca, il cuore le batte forte per l’eccitazione. A star ferma così, però, le zampe ricominciano a dolerle: dovrà fermarsi di nuovo. Ci sarà tempo, domani, per salire ancora.
La storia si ripete giorno dopo giorno, finché, giunta alla metà del tronco, la bestiola si ritrova il pelo canuto e le ossa troppo fragili. Alza gli occhi verso le gemme: non potrà che guardarle da lontano.

Bestia centosettantesima

L’Insistenza picchietta col becco a spillo sul fusto di un albero. Il ticchettio viene raccolto dalla brezza insieme a una pioggia di trucioli, che si disperdono nell’erba intorno alle radici. Gli occhi del volatile, sclere gialle che circondano pupille simili a punte di trapano, sembrano perforare anch’essi la corteccia a ogni movimento del capo.
Chi può dire se oltre il legno troverà larve paffute o uno sciame d’insetti velenosi?
Con le zampe ben salde sul ramo e le ali raccolte, l’Insistenza colpisce, colpisce, colpisce.

 

Back to Top